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INTRODUZIONE
"Ridi se sei saggio" (ride si sapis),
ammoniva Marziale. Anche un uomo tutt'altro che saggio come me può
appropriarsi di questo motto, immaginare di rileggere l'economia
e riproporla con la presunzione di strappare qualche sorriso, di
renderla meno noiosa e per certi aspetti attraente. Non so se ci
sia riuscito, ma so di certo che il mio obiettivo era quello di
rendere i concetti accessibili a studenti della scuola dell'obbligo
e - perché no? - a professionisti di aree diverse che confondono
inflazione con svalutazione, profitto con ricavo, prezzo con costo,
capitale con patrimonio. Ebbene, a tal fine mi sono inventato la
favola di don Vincenzo, un uomo modesto della Napoli di oggi, un
maestro elementare che ha avuto nella sua vita, come unico diversivo,
quello di studiare. Studiare di tutto. Una sorta di mania in virtù
della quale egli è riuscito a rimanere in contatto con il
prossimo e a stabilire con questo un rapporto di simpatia e forse
di celata superiorità dovuta al suo ruolo di insegnante.
Don Vincenzo, dopo un approccio negativo con l'economia,
ne fa un punto di orgoglio, si mette a studiare la materia, se ne
innamora, la impara così bene al punto di volerla divulgare
al popolo minuto della sua Napoli più povera. Presso la sua
modestissima casa sita nel quartiere Forcella "tiene lezione"
a un pugno di persone che definisce figli della disperazione. Cerca
di adoperare un linguaggio a livello dei suoi discepoli. Lo fa stando
attento a rispettare il rigore scientifico dei concetti che esprime.
In questo l'aiuto del prof. Carlo Filippini, ordinario di Economia
Politica all'Università Bocconi di Milano, mi è stato
veramente prezioso. Un grazie quindi al professor Filippini e un
augurio a questo lavoro, che auspico possa contribuire, sia pur
in piccola misura, ad accostare alla scienza economica qualche persona
che fino a oggi ne è rimasta lontana. Mi piacerebbe anche
che queste pagine venissero lette da certi personaggi ai quali talvolta
si accenna nel racconto; ma non m'illudo. John Kenneth Galbraith
diceva: "Una delle più grandi soddisfazioni che ricevo
nello scrivere è il pensiero che forse il mio lavoro possa
recare disturbo a persone arroccate in posizioni comode e presuntuose,
anche se poi sopravviene la triste constatazione che persone di
quel genere non leggono mai".
C.A.
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