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PREFAZIONE
Dicono che occuparsi di storia sia un po' accettare
di vivere fra i morti. E sarà anche vero, ma con il vantaggio
di potersi scegliere i compagni di viaggio e di liberare la "Commedia
umana" delle sue scorie, di vederla nelle sue linee essenziali.
Questa, credo, sia la ragione per cui Camillo Albanese che vive
in prima linea le trascinanti vicende della modernizzazione, ha
dedicato le sue ore a una ricerca storica a lui congeniale, la storia
di Napoli e del Mezzogiorno. Il filo conduttore mi pare quello di
una grande civiltà popolare, scettica, disincantata che subisce
il vigore barbarico dei suoi re stranieri sempre assimilandoli e
ad essi sopravvivendo. Una città, una parte dell'Italia che
ora, come osserva Albanese sembra vivere al limite dell'immaginario,
e ora si ripresenta viva, invincibile con le sue radici vitali con
la sua disperata forza di vivere. Il senso della storia e della
sua brevità, il fatto che dal tempo della invasione normanna
ad oggi ci siano state meno di quaranta generazioni che le loro
memorie e le esperienze siano fortemente presenti nel sangue dei
contemporanei è qualcosa che i contemporanei nella loro presunzione
di fare la storia, di reinventare la storia, rifiutano sistematicamente.
Il viaggio di Albanese nei secoli ci dice invece che il destino
attuale di Napoli e del Mezzogiorno non è stato una invenzione
del capitalismo industriale, o del notabilato liberale, o del sindacalismo
comunista, ma la somma di una storia insieme amara e splendida,
in una terra che stava fra tre mari, aperta a tutti coloro che venivano
dal mare. Il fascino di questa storia è che Napoli e il sud
sono stati per secoli una "nuova frontiera" antica, dove
conquistatori svevi, normanni angioini, francesi,, arabi, spagnoli
non trovavano il vuoto del far west o il primitivo delle terre inesplorate,
ma civiltà antichissima. Un po' il fascino della Grecia conquistata
che conquista Roma.
Un buon libro, un buon lavoro che certo ha riscaldato
la vita milanese di Camillo Albanese, un modernista che ama il Passato.
GIORGIO BOCCA
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